martedì 15 luglio 2008

Disbanded Test of the week #6.



Elvis has left the buinding.

25 commenti:

Anonimo ha detto...

Non so Ted, forse sì, ma mi accontenterei di "molto meno" (volevo scriverlo tra le parentesi). Ognuna di queste ha dietro dei team stratosferici, grandi idee e super produzioni.
Però pensiamola anche che la creatività si possa dimostrare con molto meno.
Qualche giorno fa, ad esempio, citavamo le copyhead di Paolo Del Bravo per le pompe funebri.
Cavolo, per le pompe funebri, non per Sony o Guinnes.
Risultato: Creatività indelebile. E ce ne sono altre in giro.
I grandi brand invece, possiamo abbinarli, alla voce GRANDE CAMPAGNA: grande nei costi, nella creatività, nel team che ha sudato mesi per realizzarla ecc.

Sì potrebbe cantar vittoria anche con un piccolo cliente, ma serve carta bianca (a livello creativo) ed è proprio questo il difficile e la scarogna di questo lavoro.

Mr. Becks

smack my ass ha detto...

Concordo in tutto per tutto.

Auariù ha detto...

Si possono avere tutti? (...)
Ted io aggiungerei anche Tide, no?
Vedere un detersivo che comunica così ti fa credere ancora in questo lavoro.

Ted ha detto...

Concordo anche io.

Non ho citato prodotti come il centro massaggi, la scuola interpreti, la colla o le pompe funebri, perché tutti questi prodotti non sono irraggiungibili. Chiunque di noi ci può lavorare, o almeno ci può provare.
Mentre invece nessuno di noi (credo) può avere un'opportunità del genere tra le mani in tutta la sua carriera.

Anonimo ha detto...

Secondo me il punto è che prima di essere quella serie indimenticabile di film, Sony Bravia non era un considerato un cliente straordinario. Sony aveva fatto campagne memorabili, ma non di recente e non frequenza e continuità. Insomma prima di diventare "quel" Sony Bravia, era un non era un brief particolarmente arrapante, che ci sarà da dire su un tv color di nuovo ? Il bello è far diventare dei clienti famosi, quando ancora non lo sono e non sanno di poterlo diventare. Ora Sony Bravia rilancia, tano che ha messo in gara la sua agenzia. ( Purtroppo la stessa cosa non si può dire degli altri clienti: da una vita hanno standard altissimi. )

smack my ass ha detto...

C'è una soluzione: trasformare piccoli clienti in grandi clienti. Come se avessimo in pugno il pennello cinghiale. Oppure lavorando a costo zero. Che ne so, andiamo a ripescare, prodotti/marchi (odio la parola "brands") in declino, senza soldi, e offriamo loro creatività a costo zero. Ci prefiggiamo degli obiettivi comuni senza che però il cliente possa dire nulla sul nostro operato (dato che lavoriamo gratis). Una volta ottenuti gli obiettivi e dimostrato che la creatività premia, iniziamo a percepire denaro e ad abbandonare nuovamente ogni velleità creativa. Insomma: io lavoro gratis e faccio le mie scelte per te. Se va bene, tu incominci a pagarmi, altrimenti qualcosa comunque avremo mosso in tuo favore.

MONEY HAS NOT IDEAS,
BUT IDEAS MAKE MONEY.

Anonimo ha detto...

(resto anonimo)

Non è vero Ted. Io lavoro per un cliente che in questa lista non sfigurerebbe. All'estero con lo stesso cliente ci vincono i premi a Cannes. Eppure qui ti obbliga a fare certe cagate che a confronto un elefante sembra stitico.

Ergo: la carta bianca non basta, solo con quella (come diceva il Principe De Curtis) ti ci pulisci il culo.

Baci ai pupi.

Anonimo ha detto...

Io, che a volte mi atteggio a grande guru, in realtà sono uno sfigato che lavora per i minisiti all’interno di paginegialle.it.
I miei clienti non sono Sony Bravia, Playstation o Axe, ma il fabbro di Germignaga e altri di simile prestigio. Mentre scrivo mi vengono un sacco di ideuzze che potrebbero sostituirsi alle solite banalità, tipo “personale altamente qualificato” e quant’altro. Ogni volta provo a mandare online dei mini-claim o delle chiuse di testo un po’ ironiche. Insomma, cerco di rendere più interessanti dei testi che altrimenti sarebbero tutti uguali. Sapete che, come il direttore marketing di Carrefour, anche il fabbro di Germignaga il giorno dopo chiama e chiede di farsi sostituire questa o quella frase con “personale altamente qualificato”? Questo per dire che, in Italia, per fare le cose belle devi lavorare per forza su un certo tipo di clienti e in un certo tipo di agenzie.
Dax82

Anonimo ha detto...

A me basterebbe avere un Lavoro (per Lavoro intendo contratto, stipendio che mi permetta di vivere e cosette simili). Almeno per ora.
Ai sogni di gloria ci penserò dopo.

Auariù ha detto...

A me basterebbero dei sogni di gloria. (per sogni di gloria intendo la possibilità di lavorare e iscrivere qualche bella campagna a qualche concorso). Almeno per ora.
Ai contratti ci penserò dopo.

Anonimo ha detto...

Beato te che hai le risorse per mantenerti con un "contratto" di stage.
Fammi sapere come fai e/o dove lo fai, please.

EGO ha detto...

Non cercare occasioni migliori. Sfrutta quella che hai.
Paul Arden.

Ted speravo di non dover essere io ha ricordartelo.

Ted ha detto...

Non ti preoccupare, Ego. Conosco bene questa massima, peraltro scolpita sul muro alle mie spalle. Del resto lavorando a Roma (e non a New York, Londra, ma nemmeno Milano) è tutta la vita che tento di sfruttare le occasioni che ho.

Anonimo ha detto...

David Youmore: è proprio con la ceatività a costo zero che molte agenzie italiane grandi, piccole e piccolissime (compreso qualche freelance) si sono rovinate, tagliate le gambe da sole, martellate le gonadi, e paralizzate creativamente (e commercialmente).

La creatività rende. Ma se la proponi a costo zero viene percepita come un accessorio superfluo.

smack my ass ha detto...

Gianni Lombardi: secondo te sarebbe saggio aprire un'agenzia in Italia? So già la tua risposta.
Era ovvio che la mia idea (che poi non è un'idea nuova) era riferita al mercato estero, e ai clienti esteri. Qualcuno c'è riuscito.

The Ego: un mio caro amico (copywriter) romano che ancora sbaglia a mettere le "H"! Scherzo Diè, però occhio, se fossi Pasquale Barbella potrei metterti in punizione dietro alla lavagna e frustrarti i polpastrelli. :-)

EGO ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Ted ha detto...

E' splo un Typos, Ego, non ti preoccupare...

Anonimo ha detto...

Youmore, la tua idea, se non l'ho interpretata male in base al tuo ultimo commento, è quella che nei paesi anglosassoni viene definita "sales pitch", tentata vendita. Si realizza una campagna o una proposta creativa, si cerca il cliente che potrebbe comprarla o adottarla, e la si propone.

E' però una cosa diversa da "creatività a costo zero". Un'operazione del genere (altamente speculativa) ha comunque l'obiettivo di ottenere un compenso, fosse pure una percentuale sulle vendite ex post, o un compenso se si raggiunge un determinato risultato.

Ed è molto diversa da quello che è l'atteggiamento di molte agenzie italiane che, semplicemente, fatta la prima proposta "speculativa", poi accettano di produrre illimitate proposte creative finché il cliente non approva quella che "gli piace".

O della classica richiesta del cliente impreparato ma furbastro che, ormai abituato ad agenzie scendiletto, dice "be', fateci qualche proposta" (gratis e senza impegno).

(disclaimer: non dico che TUTTE le agenzie italiane si comportano così. Qualcuna con un minimo di capacità professionale c'è anche in Italia, e in genere, mi sembra, sono quelle fondate, dirette o condirette da creativi)

Anonimo ha detto...

Scusami Ted, leggermente offbanded:

I sogni di gloria non bastano, e gli stipendi non solo sono bassi, ma devi sudare per averli.
Per non parlare poi dei compensi freelance: magari i famosi 30-60-90 giorni fossero quelli.

Boccio il costo zero: il nostro è`un mestiere, da junior o da senior che sia, è sempre un mestiere, e i soldi nella vita servono per vivere, oltre che per i vizi.
Se non si guadagna non è più un lavoro, ma un hobby, e io non è che avrei di meglio da fare, ma quasi.

Personalmente, non posso guadagnare grandi cifre per via della pluriennale esperienza, ma almeno quel che mi spetta, lo desidero.

Per favore, non uccidiamo questo lavoro del tutto, anzi, rianimiamolo. Iniziamo a eliminare il "costo zero" dai vari vocabolari, ne vale la nostra professionalità.

Veramente. Quando mi pagano sembra che mi fanno un favore (e non solo a me). Non deve assolutamente essere così.

Mr. Becks

Stefano Lombardini ha detto...

ma la creatività in italia paga?

non dico a livello di soddisfazione personale (se uno ha passione per questo mestiere indubbiamente sì), intendo proprio in soldoni...

cioè, in media guadagnano di più i creativi che lavorano nelle multinazionali partorendo spot e annunci per campagne nazionali di grandi brand, o quelli in agenzie minuscole a fare brochure e cataloghi e paginette web creativity-free per brand del tubo?

avendo sentito delle voci sugli stipendi dei senior nelle mega-agenzie e confrontandoli con il thread degli stipendi nel forum di lavoricreativi (http://www.lavoricreativi.com/forum/index.php?showtopic=4292), mi viene il sospetto che in media i secondi abbiano stipendi migliori dei primi, specie tra i freelance (quelli meglio organizzati, ovvio)...

certo poi 1 su 100 dei primi diventa dc, ma gli altri 99?

Ted ha detto...

Hai ragione Mr Becks, come del resto condivido ciò che scrive Gianni.

Come le agenzie (tutte) si siano ridotte a questo è argomento che meriterebbe non un post, e forse nemmeno un blog intero. Hanno perso il ruolo che avevano nei confronti del cliente. Più che perderlo lo hanno svenduto, regalato.
Ci vorranno anni per ristabilire un decente rapporto professionale. La colpa (è bruttissimo dirlo) va equamente distribuita tra chi ha operato negli ultimi due decenni, impoverendo anno dopo anno la nostra professione a forza di dumping e altre scellerate manovre.
Magari un giorno ne parleremo anche qui.

Per il momento però - e in questo preciso luogo - io mi permetto di sognare e di giocare con la parte più pura e piacevole di questo lavoro: la creatività. Che è la prima vittima, sia chiaro, di questa situazione generale. Italiana, in particolare.

Anonimo ha detto...

E io ci aggiungo un altro punto di vista. E se il cliente si fosse accorto che la creatività non vende? Le campagne che vediamo in giro, più che raccontarti un'idea, ti urlano delle informazioni. Il ruolo del cliente è quello di frenare la creatività, come se non ne avesse bisogno. Forse è vero che non ne ha bisogno perché forse è vero che gli italiani alcune campagne non le capiscono. Io se faccio sfogliare un annual ai miei amici, non è detto che le capiscano tutte. Non perché i creativi italiani non sappiano comunicare ma, come dice Ted, è colpa della sottocultura che ha investito questo paese. Se la buona pubblicità servisse a qualcosa, state tranquilli che i clienti ci corteggerebbero come calciatori (mi ci metto pure io dentro).
Dax82

Anonimo ha detto...

Dax, purtroppo forse ci sono vari modi per convincere la gente a comprare un prodotto (è solo un mio pensiero), tra i quali: la violenza e la persuasione. Sembrano simili entrambi, ma in realtà alcuni dei nostri più famosi marchi (non proprio tutti, ma molti) se ne fregano di fare creatività.
Per loro basta occupare un intero palinsesto per far vedere il loro marchio 28 volte in 5 minuti, con una mediocre storiella incapibile, che peraltro sta nella testa della casalinga o del medio italiano, come la Porche sta all'imprenditore.
A questa aziende, ormai, interessa soltanto la strategia fregarola e lo stile di vita del pollastro, e bocciano qualsiasi forma che possa rivoluzionare - o quantomeno aggiungere un plus - al loro modo di comunicare.
Se io acquisto un'infinità di spazi media veicolando una mediocrità, alla fine penserai che tale indecenza sia la strada giusta.
Purtroppo non è soltanto la creatività a fare la differenza, sono una serie di mix, ma la creatività elimina la ripetizione palese del messaggio, rinnovandolo.
Chiunque si rinnova. Persino noi cambiamo camicia a seconda di quello che ci gira per la testa al mattino: è la vita.

Ted, ormai bisogna insestere, anche perchè ne vale la dignità di tutti noi. In qualche modo tocca fare. Ultimamente sono un po' meno nervoso, ma non è rassegnazione. Forse perchè ho smesso di farmi alcune seghe mentali legate al mestiere.
Provo a fare e a litigare.
Salvaguardiamo la creatività fantastica o medio-fantastica che sia, perchè altrimenti giacca, cravatta, e si cambia lavoro.

Buonanotte a tutti

Mr. Becks

smack my ass ha detto...

LOMBARDI: non mi sono spiegato. Io non parlo di creare qualcosa e poi di adattarlo al cliente che ci capita per le mani. Io parlo di lavorare sul cliente, creare idee ad hoc, all'inizio a parametro zero, con un vincolo contrattuale (o d'appalto) ad obiettivi. Un po' come hanno fatto con le catene di Motel Sfigati all'estero. La stessa identica operazione, rispolverando vecchie marche in declino...pensa come ci divertiremmo a progettare campagne mega creative per la Pasta Rummo o per la catena di piadinerie di Mirco e Mirella in Romagna? Sarebbe stupendo.

In Italia c'è solo un'agenzia che merita. Forse due. Ovviamente non vi svelerò the name. :-)

Anonimo ha detto...

Youmore, in Italia credo che abbiano fatto qualcosa di analogo D'Adda, Lorenzini e Vigorelli con la BMW quando avevano appena aperto l'agenzia. Anche io non intendevo "creare qualcosa e poi adattarlo": con la "sales pitch" intendevo proprio attivare una proposta di collaborazione mirata ad un particolare cliente.

E' una tecnica che funziona, ma dal lato agenzia richiede comunque grandi investimenti, e non è risolutoria, anche perche' richiede clienti piuttosto illuminati.

In ogni caso, il "costo zero" non è la chiave magica, anche perché in realtà è ben difficile che un'azienda decida di impegnarsi in una campagna pubblicitaria solo perché la creatività è gratis o con pagamento a risultati raggiunti.